medicina funzionale

Medicina Funzionale: scienza o ciarlataneria?

La medicina funzionale è una disciplina nata negli USA che sta diventando sempre più popolare anche in Italia. Biologi, medici e altri professionisti del settore sanitario hanno iniziato a trattare i pazienti secondo i dettami di quella che sembra una nuova frontiera clinica.

La medicina convenzionale si basa su evidenze scientifiche per trattare patologie e disturbi nell’essere umano. Studia le malattie e codifica e prescrive approcci terapeutici atti alla guarigione del paziente affetto. Com’è noto si divide in numerose branche, ciascuna con specializzazioni specifiche.

Attorno alla medicina convenzionale poi ruotano numerosi approcci terapeutici che appartengono al calderone della “medicina alternativa e complementare” e tra questi, da circa trent’anni, troviamo anche la medicina funzionale. Ma quali fattori discriminano tra medicina convenzionale e alternativa/complementare? Vediamolo insieme.

medicina funzionale
Omeopatia, altra forma di medicina alternativa

Medicina funzionale: perché si differenzia dalla medicina convenzionale?

La differenziazione tra medicina convenzionale e qualsiasi tipo di medicina “alternativa e complementare” va innanzitutto fatta sulla base delle premesse. L’obiettivo della medicina è quello di curare le malattie, stesso proposito che si prefigge qualsiasi altro approccio terapeutico afferente al gruppo delle pratiche non convenzionali. Ma allora perché c’è bisogno di differenziare? Perché per poter essere considerata medicina convenzionale una terapia, pratica o disciplina deve essere stata validata scientificamente, secondo complesse procedure che coinvolgano studi sperimentali strutturati e approvati.

Qualsiasi disciplina medica che non abbia sufficiente documentazione scientifica viene definita automaticamente alternativa o complementare. Da notare come questi termini siano stati introdotti solo di recente, in passato si era soliti definire tali pratiche come medicina popolare, ciarlataneria o pseudoscienza. Ancor prima di considerare in cosa la medicina funzionale è fiera di differenziarsi dalle pratiche comuni, teniamo ben presente come essa non possa essere considerata medicina convenzionale, poiché le basi scientifiche su cui si basa sono tutt’altro che solide (per non dire inesistenti).

Esistono forme di medicina alternativa scientificamente valide? Se esistessero sufficienti evidenze scientifiche a favore di qualunque forma di medicina alternativa o complementare, essa verrebbe considerata medicina convenzionale. Quindi la risposta è NO.

I princìpi

Questa disciplina, che lentamente sta affascinando il mondo, si basa su principi semplici che ora andremo ad elencare. Prendiamo in esame il documento Functional Medicine Past, Present, and Future di Jeffrey S. Bland (padre della medicina funzionale) pubblicato su una rivista di medicina integrativa (sinonimo di complementare o alternatvia) (integrative medicine journal). Bland descrive come la pratica da lui codificata si basi su 7 principi fondamentali:

  • La funzionalità dell’individuo è determinata dalla relazione gene-ambiente
  • La funzionalità dell’individuo è regolata dalle interazioni tra sistemi e apparati
  • Dieta, ambiente, stile di vita ed esperienze sociali vengono tradotti in fenotipi clinici
  • La valutazione del paziente si basa sulla comprensione dei suoi fattori scatenanti e mediatori e come essi siano collegati ai sintomi lamentati
  • La disfunzionalità va trattata attraverso programmi multidisciplinari
  • Ogni paziente è unico
  • I problemi di salute di un individuo vanno contestualizzati su una linea temporale e rispetto alle relazioni

Sulla base di questi principi nella pratica della medicina funzionale si procede con una valutazione dei cosiddetti 6 processi fisiologici fondamentali:

  • Assimilazione (digestione, assorbimento, microbiota)
  • Difesa e riparazione (immunità, infiammazione, rinnovamento cellulare)
  • Bioenergetica (funzionalità mitocondriale, trasporto attivo cellulare…)
  • Trasporto (funzionalità cardiovascolari, ematiche, respiratorie e linfatiche)
  • Comunicazioni (processi endocrini, neurotrasmettitori e trasduzione del segnale)
  • Integrità strutturale (matrice extracellulare)

Evidenze scientifiche

Il sopracitato studio che descrive i dettami della medicina funzionale presenta anche un paragrafo con le evidenze scientifiche a supporto della medicina funzionale. La totalità di questi studi (riportati in bibliografia) raccoglie valutazioni dei pazienti, sulla base di questionari che raccolgano informazioni sul loro stato di salute. Studi di questo tipo possono essere definiti come osservazionali: privi dell’intervento attivo degli sperimentatori, che offrono uno spaccato di un contesto analizzato e non forniscono informazioni definitive rispetto all’efficacia di una terapia o un trattamento.

I trattamenti riportati negli studi relativi all’approccio funzionale (di cui sopra), come ad esempio nello studio The impact of functional medicine on patient-reported outcomes in inflammatory arthritis: A retrospective study, sono stati effettuati in aggiunta a quelli convenzionali. Il “gruppo di controllo” (se può essere definito tale) consisteva in soggetti trattati unicamente con approcci convenzionali. Il risultato raccolto si basa su un questionario compilato dai pazienti (PROMIS), non su analisi cliniche o metodi diagnostici.

Perché un approccio terapeutico sia validato sono necessari anche studi di intervento a singolo o doppio cieco con gruppi di controllo randomizzati controllati. La medicina convenzionale si basa solo ed esclusivamente su dati scientifici robusti ed accettati dalla comunità scientifica. Da considerare inoltre come la maggior parte delle fonti riportate dagli articoli di Bland sono autoreferenziali, cioè basate su pubblicazioni da lui stesso scritte o studi condotti in centri di medicina funzionale (principalmente Cleveland Clinic Center for Functional Medicine, cosa che potrebbe essere additata come “conflitto di interessi”).

L’opinione dei medici di famiglia americani

Come è stata accolta la medicina funzionale dalla comunità scientifica? In America i medici di base (American Academy of Family Physicians) ha definito alcuni trattamenti di questa medicina complementare come “pericolosi”. Sulla base di questa valutazione i corsi di medicina funzionale a partire dal 2014 non sono più stati idonei per il rilascio di crediti formativi. Nel 2018 poi c’è stata una revisione della decisione e solamente i corsi che descrivessero in maniera generale la disciplina, e non le sue pratiche, sono tornati idonei per il rilascio di crediti.

La comunità scientifica in generale non ha accolto positivamente i dettami di Bland e soci. La famosa rivista Skeptic, che ha in redazione medici contrari alle pratiche delle medicine alternative e complementari, ha pubblicato nel 2017 un lacerante articolo contro la medicina funzionale, definendola nient’altro che ciarlataneria (quackery).

Conclusioni sulla medicina funzionale

Questa disciplina che afferisce alla medicina alternativa e complementare si sta diffondendo velocemente ed è necessario riflettere su quanto questo sia un aspetto positivo o negativo per i pazienti. I professionisti sanitari che seguono i dettami di questa pseudoscienza sostengono che la medicina funzionale si basi su evidenze scientifiche. La verità è che queste evidenze sono molto scarse, poco robuste e difficili da trovare. Una ricerca su pubmed tramite query “functional medicine” non produce risultati; i pochi articoli che si riescono a trovare attraverso ricerche più approfondite sono legati in qualche modo a Bland (inventore della disciplina) o al centro di medicina funzionale dell’Ohio e non sono mai stati pubblicati studi di intervento di qualità che dimostrassero l’efficacia della medicina funzionale.

Per quanto gli studi portati avanti e che ho riportato in bibliografia siano apprezzabili come tentativo di assumere autorevolezza, essi non sono assolutamente sufficienti per validare i dati e soprattutto le tantissime novità che la medicina funzionale pretende di apportare. Magari un domani la medicina funzionale avrà dimostrato incontrovertibilmente ciò che millanta, ma a quel punto non diverrà altro che medicina convenzionale, in quanto scientificamente validata.

Bibliografia

  1. Bland J., Functional Medicine Past, Present, and Future, Integr Med (Encinitas). 2022 May; 21(2): 22–26.
  2. Beidelscheis et al, Association of the Functional Medicine Model of Care With Patient-Reported Health-Related Quality-of-Life Outcomes, AMA Netw Open, 2019 Oct 2;2(10):e1914017
  3. Droz et al, The impact of functional medicine on patient-reported outcomes in inflammatory arthritis: A retrospective study. PLoS One, 2020 Oct 8;15(10):e0240416. doi: 10.1371/journal.pone.0240416. eCollection 2020.
  4. Hall H., Functional Medicine: pseudoscientific silliness, 16 Agosto, 2017

Non è natale il problema, ma il resto dell’anno

Natale è per molti un crocevia che porta inevitabilmente a prendere qualche chilo di troppo. Durante questo periodo dell’anno le famiglie sono solite riunirsi e di conseguenza consumare lauti pasti in compagnia. Si parla di massimo 2 settimane, ma può trattarsi anche di soli pochi giorni in famiglie meno tradizionaliste.

Se ritieni che sia questa la causa dei tuoi chili di troppo, accumulati di anno in anno e sommati a quelli di Pasqua e altre festività, è molto probabile che tu sia in torto. Se l’alimentazione corretta è un impegno costante e duraturo 300 giorni l’anno, il lasciarsi andare a Natale è un’attività salutare per l’umore e il benessere.

La base della dieta mediterranea

Prendiamo in esame la piramide della dieta mediterranea: regime alimentare riconosciuto all’unanimità come tra i più salutari. Nonostante molti non addetti al settore ritengano che alla base di questa dieta ci siano verdure e cereali, la realtà dei fatti è ben diversa. La mediterranea diventa una dieta modello solo se alla base ci sono elementi che esulano dall’alimentazione: attività fisica e convivialità.

Durante l’anno la frenesia del mondo occidentale ostacola la convivialità che si dovrebbe vivere durante i pranzi e le cene. Per fortuna la nostra tradizione prevede dei momenti durante l’anno in cui le famiglie si riuniscono e passano ore a tavola: Pasqua, Ferragosto e tra tutti soprattutto Natale.

Anche se l’apporto calorico di questi pasti sfora, anche di molto, il nostro fabbisogno giornaliero, non è sicuramente questa la causa di sovrappeso o addirittura obesità. A compromettere la forma fisica sono abitudini e stili di vita perpetrati durante gli altri mesi, non il pranzo in famiglia di Natale o la cena della vigilia.

natale dieta mediterranea

Non demonizziamo il Natale, curiamo l’alimentazione durante l’anno

Non è un caso che palestre e studi di dietologi vengano presi d’assalto a Gennaio. In molto si sentono in colpa per gli “sgarri” fatti a Natale e Capodanno e cercano una soluzione rapida per ottenere addominali scolpiti entro l’estate (e per prepararsi alla successiva Pasqua). Ma chiunque sia abbastanza sincero con se stesso sa benissimo che non è stato il susseguirsi di pasti ipercalorici natalizi a far spuntare la pancia. Gli addominali erano ricoperti da uno strato di grasso anche prima di cenoni e pranzoni e i lauti pasti di Dicembre hanno solo peggiorato la situazione.

Con questo non voglio dire di non cercare di porre rimedio, ma l’impostazione mentale con cui si cerca di mettere una pezza è fondamentale per non ricadere ripetutamente in errore e compromettere la propria forma fisica (e di conseguenza la propria salute).

Alimentazione sana per 300 giorni l’anno

Nell’arco di un anno l’obiettivo di chi vuole tenersi in forma dovrebbe essere quello di seguire un’alimentazione corretta per almeno 300 giorni. Non è assolutamente necessario (anzi è controproducente) diventare ossessivi nei confronti di macronutrienti e calorie. Quello di cui ciascun individuo ha bisogno è trovare e comporre la propria dieta che si adatti al meglio alla routine giornaliera. Raggiungere l’equilibrio non solo contribuisce a tenere sotto controllo la pancia, ma è in grado di fornire le giuste energie per le attività giornaliere.

In tutto ciò l’intervento di un nutrizionista o altro professionista dell’alimentazione umana non è strettamente necessario, ma è un aiuto che può aiutarti a condurre uno stile di vita alimentare meno stressante e perfetto per le tue esigenze. Fame, debolezza, carenza di energie e pasti privi di gusto non sono una condizione piacevole e spesso nel fai-da-te si entra in dei regimi poco funzionali e difficili da sopportare.

Prenota la tua visita ora per elaborare un piano nutrizionale adatto a te

Lo sai che anche il sonno ha un ruolo fondamentale per la salute di un individuo?

Bibliografia:

Bach-Faig A. et al, Mediterranean diet pyramid today. Science and cultural updates, Public Health Nutr. Dec;14(12A):2274-84.

Menopausa: perchè si ingrassa?

Per molte donne il sopraggiungere della menopausa può essere motivo di ansia e preoccupazione. Uno degli aspetti che contribuisce a rendere questa fase di vita allarmante è questione bilancia: la menopausa sembra essere una condanna all’aumento del peso e conseguente peggioramento della salute e della forma fisica.

Ma da che cosa dipende questo cambiamento? La menopausa coincide con un riarrangiamento di alcuni ormoni come l’ormone follicolo stimolante (FSH) ed estradiolo. I cambiamenti dell’assetto ormonale possono sì incidere sul metabolismo, ma è veramente questa la causa?

Menopausa: una condanna per quanto riguarda il peso?

Sono stati fatti diversi studi volti ad approfondire le cause dell’aumento di peso in donne che si avvicinano o che raggiungono la menopausa. Le osservazioni sono state fatte da diverse prospettive ed è interessante analizzare soprattutto due di queste: il cambiamento nell’assetto ormonale e il conseguente cambiamento dello stile di vita.

Innanzitutto è stato osservato come l’aumento di peso si assesti attorno ad una media che va dai 2,1 Kg ai 5 Kg in totale. Questa variazione è stata collegata al riarrangiamento ormonale di cui sopra, ma non tanto per una variazione metabolica. La causa efficiente dei chili guadagnati è un cambiamento dello stile di vita stimolato dalla riduzione dell’estradiolo e l’aumento dell’FSH. Diverse ricerche a partire dagli anni ’90 hanno evidenziato come col sopraggiungere della menopausa le donne tendano a mangiare di più e a muoversi di meno.

Un’aumento delle quantità a tavola in combinazione con una riduzione dell’attività fisica è la ricetta perfetta per mettere su qualche chilo. La buona notizia è che, essendo principalmente causato dallo stile di vita, l’ingrassamento anche in questo caso non è una condanna ma una condizione che può essere tranquillamente tenuta sotto controllo.

menopausa

Alcuni consigli per gestire il peso in menopausa

“Prevenire è meglio che curare” è un detto che anche in questo caso si dimostra efficace. La ricerca ha dimostrato come le donne sovrappeso in menopausa siano aumentate negli anni. Questo però non è dovuto alla scomparsa del ciclo mestruale, quanto piuttosto ad un aumento generale dell’obesità nella popolazione. Affrontare una fase in cui il corpo non fa altro che dirci “mangia” ribellandosi a qualsiasi tipo di sforzo in una condizione già di sovrappeso e scarsa attività è sicuramente deleterio.

Il consiglio più efficace è quindi quello di arrivare preparate e mantenere il proprio corpo attivo in tutte le fasi di vita. Basta veramente poco per fornire all’organismo i giusti stimoli: 20 minuti di esercizio fisico al giorno abbinati al rifiuto di ascensore e mezzi per le brevi distanze.

Tuttavia in qualsiasi momento l’essere sovrappeso è una condizione reversibile, per quanto invecchiare lo renda un processo più complicato per entrambi i sessi. Le donne che dovessero raggiungere la menopausa in condizioni anche di obesità non devono quindi rassegnarsi: la soluzione esiste.

Menopausa ed obesità

La gestione dell’obesità in menopausa non è certamente un qualcosa di banale. Devono essere messi in conto diversi aspetti dei soggetti: condizioni di salute, condizioni psicologiche, qualità del sonno ed ovviamente stile di vita. E’ stato evidenziato come la soluzione migliore per le donne che si ritrovano in questa condizione sia una dieta a bassissima energia (VLED).

Questo protocollo prevede una dieta a dosaggio calorico minimo (circa 800) abbinata ad una dose personalizzata di attività fisica. L’accoppiata porta l’organismo ad esaurire il glicogeno (prima fonte di energia in caso di carestia) e di conseguenza ad affidarsi al consumo del grasso di deposito per far fronte ai consumi quotidiani. La condizione metabolica che viene a crearsi in circa due giorni porta ad un abbattimento della fame e conseguente facile gestione del piano alimentare da parte della paziente. E’ chiaro come si tratti di un trattamento drastico che non va assolutamente iniziato in autonomia, ma sempre sotto la supervisione di un professionista.

Bibliografia

Proietto J., Obesity and weight management at menopause, Australian Family Physician, Volume 46, Issue 6, June 2017

Perchè andare dal nutrizionista quando esistono le diete online?

La figura del nutrizionista sta diventando sempre più presente nella società. La cultura del benessere prende piede anche in Italia e la cura dell’alimentazione svolge un ruolo centrale nel migliorare le proprie giornate. Troppo spesso, tuttavia, si pensa che seguire una dieta sia una pratica strettamente legata alla perdita di peso. Mangiare le cose giuste al momento giusto non è solamente un modo per tornare in forma, ma un’abitudine in grado di influenzare pesantemente il quotidiano.

perchè andare dal nutrizionista

Alcuni buoni motivi per farsi seguire da un nutrizionista

Tutte le diete funzionano, poche sono adatte a te

Poniamo il caso che una persona mangi tutto ciò di cui ha voglia in qualsiasi momento della giornata. Non vi è alcun tipo di riflessione dietro ai pasti, che sono di conseguenza condizionati unicamente dalle voglie. Se questa persona si recasse in libreria, comprasse un qualsiasi libro legato alla sana alimentazione e ne applicasse i dettami alla lettera ne trarrebbe sicuramente dei benefici. Ciò che un libro può comunicare, tuttavia, è una visione generale dell’autore, magari in aggiunta ad alcuni strumenti utili per migliorare le proprie abitudini. Ma qualsiasi cosa sia rivolta al grande pubblico (libri, articoli, siti web) non potrà mai essere cucito su misura di un singolo.

Un nutrizionista che abbia un rapporto 1:1 con i pazienti è invece in grado di soddisfare le esigenze quotidiane di praticamente chiunque, introducendo però gli stessi benefici divulgati da autori di libri o articoli relativi alla sana alimentazione. Questo fattore è in grado di trasformare una dieta che dà qualche beneficio (magari trovata su internet) in un piano alimentare che ti permetta di trarre il massimo dalle tue giornate in termini di prestazioni e benessere.

Mangiare bene significa lavorare meglio

Ti capita mai di ritrovarti svogliato o privo di forze sul luogo di lavoro? Hai mai avuto un abbiocco negli orari di punta o i crampi per la fame poco dopo la pausa pranzo? Queste sono tutte condizioni che studenti o lavoratori vivono anche ogni giorno quando l’alimentazione viene lasciata in secondo piano. Non mangiare le cose giuste al momento giusto mette chiunque nelle condizioni di non dare il massimo e di conseguenza di lavorare in un mood negativo. Un professionista sarebbe invece in grado di costruire delle routine, sia alimentari che relative al sonno, che possano evitare questi spiacevoli momenti e consentirti quindi di vivere le giornate nella piena produttività.

migliora le tue performance con un nutrizionsita

Allenamenti più efficaci e performance migliorate

Che ci sia un legame indissolubile tra alimentazione ed allenamento ormai lo sanno pure i sassi. La performance in gara o nelle competizioni è strettamente legata alla qualità degli allenamenti che migliorano decisamente di qualità se spinti da un’alimentazione funzionale. Un nutrizionista, meglio se esperto di alimentazione sportiva, è in grado di guidarti affinchè tu possa esplodere in allenamento ed avere le energie giuste per dare il meglio durante le competizioni. Che tu sia agonista o amatore non importa: allenamenti migliori significano anche risultati ottenuti più in fretta e con minor sforzo.

Riscoprire cibi dimenticati

La tendenza nel fai-da-te è quella di eliminare completamente dalle proprie vite cibi che si pensa possano far ingrassare. Burro, olio, pasta rischiano di diventare dei demoni da non guardare nemmeno. Spesso infatti i non addetti ai lavori si concentrano troppo sulle qualità assolute dei cibi, non prendendo in considerazione la loro possibile funzione e utilità relativamente alle attività che svolgiamo durante la giornata. Se ti dicessi che, spesso, burro e marmellata è un accoppiata preferibile rispetto alla sola marmellata? Sapevi che l’olio di semi non è la migliore scelta per le fritture? Lo sai che lo zucchero di canna non ha niente di diverso dallo zucchero normale? Un nutrizionista è in grado di farti riscoprire alcuni alimenti che da troppi anni hai eliminato senza una ragione valida.

Prova a fidarti e sperimenta i vantaggi di farti seguire da un nutrizionista.

intestino irritabile

Intestino irritabile: esiste una dieta efficace?

L’intestino irritabile è una sindrome estremamente diffusa, spesso motivo di disagio per coloro i quali ne sono affetti. Molto frequentemente il nutrizionista entra in contatto con pazienti che lamentano di soffrirne e che richiedono una dieta personalizzata che possa attenuarne i sintomi. Esiste quindi una dieta efficace contro il destino irritabile? La scienza ha alcune risposte in merito.

Low FODMAP: una dieta contro l’intestino irritabile

Di fronte a questa sindrome la risposta dietetica principe è la low FODMAP: un regime alimentare che punta all’eliminazione, o alla stretta limitazione, di alcuni alimenti identificabili come carboidrati a catena corta. In particolare con FODMAP si intende: oligo-, mono- , di-saccaridi e polioli fermentabili. Parliamo dunque di molecole quali lattosio, fruttosio, polialcoli e altri carboidrati contenuti in diverse varietà di alimenti.

Questa dieta è stata codificata dalla Monash University ed è tra le più efficaci nell’alleviare i sintomi del colon irritabile. Essa viene applicata di routine sui pazienti attraverso un ciclo che prevede l’eliminazione di tutti i cibi contenenti le molecole sopracitate per circa due mesi per poi, monitorando la risposta dell’organismo, reintrodurli gradualmente.

A livello pratico la limitazione riguarda le seguenti categorie di cibo:

  • Dolcificanti
  • Legumi
  • Latticini
  • Alimenti contenenti glutine (pasta, pane e i derivati del frumento)
  • Frutta secca
  • Alcune varietà di frutta e verdura

L’intervento di un nutrizionista o medico diventa quindi decisivo per riequilibrare un piano nutrizionale che sia completo pur privo di tutte queste categorie di alimenti. A partire dalla sesta/ottava settimana, qualora vi sia una remissione dei sintomi, si procede con la graduale reintroduzione.

La low FODMAP non è assolutamente una dieta pensata per chi ricerca il dimagrimento, ma è specifica per chi soffre di sindrome dell’intestino irritabile.

Spostando il focus sui cibi che invece possono essere consumati possiamo citare: mais, riso, bevande vegetali di soia, frutta come: banane, mirtilli, pompelmo, uva; verdura come: peperoni, melanzane, fagiolini, lattuga; formaggi stagionati. Ovviamente possono essere consumate anche fonti proteiche come carne, pesce e uova.

dieta intestino irritabile

Low FODMAP: quanto è efficace contro l’intestino irritabile?

L’università di Melbourne ha condotto una ricerca che mettesse a confronto questo approccio con altri piani alimentari riconosciuti per avere effetti rilevanti contro questa fastidiosa sindrome. In particolare sono state confrontate: dieta mediterranea, dieta senza glutine e approcci non nutrizionali come yoga e ipnoterapia.

Lo studio ha evidenziato risultati nettamente più incoraggianti da parte della low FODMAP rispetto agli altri approcci o rispetto a terapie con probiotici o alimentazione standard. In particolare le statistiche ci dicono che la dieta elaborata dalla Monasch University ha un’efficacia del 70%. Nulla vieta, nel caso in cui questo regime alimentare non funzionasse, di provare con altre soluzioni anche combinate.

Diagnosi e “fai da te”

La sindrome dell’intestino irritabile non è un disturbo che viene auto-diagnosticato. Fondamentale è infatti la figura del medico nell’individuazione dei sintomi e nell’escludere altre patologie attraverso una diagnosi differenziale. Qualora ciò sia stato fatto, è consigliabile recarsi da uno specialista della nutrizione (come il medico stesso) che individui l’approccio corretto da applicare alla persona. Esistono diversi sotto-tipi di low FODMAP e ciascuno può essere adattato su misura alle esigenze e caratteristiche dei singoli pazienti. Il fai da te, soprattutto in questo caso, può essere inefficace come anche controproducente.

Fonti

Manning et al, Therapy of IBS: Is a Low FODMAP Diet the Answer?, Front. Psychiatry, 31 August 2020, Sec. Psychological Therapy and Psychosomatics, https://doi.org/10.3389/fpsyt.2020.00865

Jacqueline S Barrett, How to institute the low-FODMAP diet, J Gastroenterol Hepatol,  2017 Mar;32 Suppl 1:8-10. doi: 10.1111/jgh.13686.

Monash University: low FODMAP

anti-ossidanti avocado

Le proprietà anti-ossidanti dell’avocado

Nonostante il devastante impatto ambientale di cui viene tacciato, l’avocado è un alimento che sta prepotentemente entrando nelle tavole degli italiani. Che sia crudo, in insalata o sotto-forma di guacamole, l’avocado riesce a soddisfare anche i palati più restii e convince nutrizionisti e medici per via di diverse qualità organolettiche. Si tratta di un frutto estremamente grasso che nell’economia di un piano alimentare strutturato funge da fonte di Omega- 3.

Avocado: un anti-ossidante naturale

L’avocado è il frutto della pianta Persea americana (P. americana). Ogni anno vengono prodotte più di 3 milioni di tonnellate di avocado che vengono consumati avidamente in tutto il mondo. Tralasciamo, in questo discorso, tutte le implicazioni ambientali che, tuttavia, non devono essere ignorate durante la spesa. A tavola, si consuma esclusivamente la polpa del frutto, scartando il grosso nocciolo e la buccia. L’intera P. americana è ricca di anti-ossidanti, ma solamente quelli contenuti nella polpa sono di interesse per un’alimentazione che contenga al suo interno questo frutto.

Sono stati condotti moltissimi esperimenti, soprattutto sulla varietà Hass, la più diffusa in nord America. Questi studi sono stati ripetuti e affrontati e con molte tecniche diverse, il che rende i dati prodotti verosimili.

Le evidenze mostrano la presenza di composti fenolici come acidi fenolici e idrossinnamici, flavonoidi e tannini. Oltre a questi sono presenti anche carotenoidi, tocoferoli e, come anticipato prima, acidi mono e poli insaturi. La maggior parte di questi studi, inoltre, ha evidenziato significative correlazioni tra i composti fenolici e la funzione anti-ossidante dell’avocado. A queste molecole viene attribuito l’effetto di arginare l’ossidazione e limitare infiammazione e la aggregazione piastrinica.

anti-ossidanti avocado

Avocado maturo o acerbo?

Vi è un paradosso sulle proprietà anti-ossidanti di questo alimento: la polpa, unica parte che viene portata a tavola, presenta molte meno molecole da proprietà anti-ossidanti rispetto a buccia, seme e pianta. Gli estratti di queste tre componenti infatti hanno presentato una concentrazione molto maggiore rispetto all’estratto della polpa. In particolare sono i semi ad avere la maggior quantità di anti-ossidanti, grazie alla massiccia presenza di: catechine, epicatechine, leucoantocianidine, triterpeni, acido furoico e proantocianidine.

Anche il livello di maturazione incide sulla concentrazione e il frutto più maturo presenta una quantità maggiore di tutti i componenti sopra-citati. Questo è dovuto a processi chimici che avvengono sia all’interno del frutto che della pianta. Essi portano alla sintesi di una maggiore quantità di composti anti-ossidanti.

La maggior parte degli esperimenti consistono in una mera misurazione quantitativa e qualitativa dei composti citati. Il processo metabolico che li coinvolge, una volta assunti mangiando l’avocado, va approfondito. E’ tuttavia un dato di fatto che questo frutto esotico, ormai diventato parte integrante dell’alimentazione di molti di noi, abbia un effetto positivo sull’organismo.

Bibliografia

Bhuyan et al, The Odyssey of Bioactive Compounds in Avocado (Persea americana) and Their Health Benefits, Antioxidants (Basel) 2019 Sep 24;8(10):426. doi: 10.3390/antiox8100426.

integrazione esports

E-Sports: quali integratori assumere?

Gli e-sports sono in piena ascesa e la ricerca sta cercando di capire come l’alimentazione possa contribuire al meglio per migliorare le prestazioni. Ponendo sempre alla base dello stile di vita alimentare una corretta organizzazione dei pasti, anche gli integratori possono avere un ruolo determinante. Non bisogna considerare l’integrazione come una ricetta magica in grado di cambiare le performance in maniera netta, quanto piuttosto come una rifinitura rispetto il piano nutrizionale di base.

integrazione esports

Integratori e e-sports

Caffeina

La caffeina è sicuramente la prima molecola a cui si pensa per migliorare le prestazioni cognitive. Non solo: essa è ampiamente dimostrato come sia molto efficace anche in ambito sportivo per molteplici effetti, come miglioramento dei tempi di reazione, concentrazione e diminuzione del senso di fatica. Anche in ambito e-sports sono stati fatti degli studi sulla caffeina ed essi hanno dimostrato un netto miglioramento dell’attenzione e tempi di reazione accorciati. Negli sparatutto in prima persona (es. Counter-Strike: Global Offensive, Valorant, APEX Legends) gli e-atleti hanno perfino migliorato la mira. I risultati si sono dimostrati positivi anche nei MOBA (es. League of Legends, Dota).

Teanina

La teanina ha importanti effetti sulle funzionalità cognitive. Essa consiste in un aminoacido molto presente nelle foglie di tè. Specialmente se in combinazione con caffeina, la teanina è in grado di aumentare concentrazione, memoria, buon umore e riflessi. Anche in combinazione con tirosina ha effetti interessanti: tirosina, caffeina e teanina assieme migliorano tempi di reazione durante sforzi prolungati e intensi. Anche in questo caso l’integrazione è consigliata per e-atleti di MOBA e sparatutto in prima persona.

Polifenoli

I polifenoli sono fondamentali per preservare i neuroni. Esistono diverse categorie di polifenoli e possono essere definiti come anti-ossidanti e anti-infiammatori naturali. Un’assunzione ideale di questi nutrienti aumenta velocità e concentrazione, oltre a funzionalità generali dell’organismo. In particolare i flavonoli del cacao possiedono effetti benefici in sintonia con le esigenze degli e-atleti.

Altri integratori

Il succo di barbabietola diminuisce i tempi di reazione durante esercizi ripetitivi prolungati. La creatina è un’integratore che andrebbe assunto ciclicamente da ogni professionista e-sports. Essa infatti riduce l’affaticamento mentale, aumenta i punteggi nei test del quoziente intellettivo, migliora l’umore e diminuisce i tempi di reazione. Fondamentale l’assunzione di creatina nei periodi di maggiore stress, come quelli che anticipano un torneo importante.

Visto lo stress arrecato al sistema nervoso, chi pratica discipline elettroniche è soggetto a deterioramento delle funzionalità cognitive. In tal senso è importante assumere probiotici e prebiotici sia all’interno del piano nutrizionale sia, eventualmente, mediante integrazione.

Hanno effetti benefici sostanze come la luteina, che preservano e migliorano le attività legate alla vista. Sono ovviamente consigliate per migliorare le prestazioni sostanze nootropiche naturali attraverso l’assunzione di: Gingko biloba, curcumina o ginseng (oltre alla caffeina).

integratori esports

Conclusioni

L’integrazione nelle discipline e-sports può aumentare le performance, se inserita all’interno di una dieta sana ed equilibrata. In generale vengono consigliate tutte quelle sostanze e alimenti che siano in grado di preservare o sfruttare al meglio le potenzialità del sistema nervoso. Ciascuna delle proposte riportate va assunta previa confronto con medico, nutrizionista o altri esperti della nutrizione. Inoltre è sempre bene tenere a mente che l’integrazione non ha effetti magici, ma è solamente un modo per compensare possibili scompensi all’interno della dieta quotidiana in relazione agli obiettivi giornalieri.

Bibliografia

  • García-Lanzo, S.; Bonilla, I.; Chamarro, A. The psychological aspects of electronic sports: Tips for sports psychologists. Int. J.
    Sport Psychol. 2020, 51, 613–625.
  • Rosell Llorens, M. Sport Gaming: The Rise of a New Sports Practice. Sport Ethics Philos. 2017, 11, 464–476.
  • Szot et al, Can Nutrients and Dietary Supplements Potentially Improve Cognitive Performance Also in Esports?, Healthcare 2022, 10, 186. https://doi.org/10.3390/healthcare10020186
proteine body building

Proteine: la quantità giusta per aumentare la massa

Quando si parla di body-building uno degli argomenti più discussi e controversi è quello legato alle proteine. Il quantitativo in grammi che ognuno dovrebbe mangiare nell’arco di una giornata per avere una crescita sana e regolare dei muscoli dipende da numerosi fattori. Intensità e durata degli allenamenti, peso corporeo, età, composizione corporea sono solo alcuni degli aspetti che bisogna tenere in considerazione per determinare il quantitativo in grammi di proteine da assumere.

La ricerca scientifica si è mossa in tal senso andando ad esaminare sia la quantità ideale di proteine da consumare in un pasto, sia il limite oltre il quale non bisogna spingersi per evitare di appesantire l’organismo con lo smaltimento degli aminoacidi. Vi sono delle dosi, infatti, oltre le quali non solo è inutile andare, ma che potrebbero causare problemi sistemici all’organismo.

proteine massa magra

Proteine: quanti grammi ogni pasto?

Quando parliamo di grammatura per un dato macronutriente è necessario porre una premessa fondamentale. Assumere proteine in polvere ha un impatto sull’organismo diverso rispetto ad assumerne lo stesso quantitativo all’interno di un pasto completo. La composizione stessa del pasto influisce, e non poco, su durata e modalità di assimilazione degli aminoacidi che compongono le proteine.

Gli studi scientifici sono stati fatti soprattutto prendendo in esame proteine il polvere, anche perchè calcolare le variabili date da un pasto completo è praticamente impossibile. Sulla base dei risultati emersi, quindi, quante proteine bisogna assumere ogni pasto?

La risposta è che non è corretto parlare di numeri precisi ed assoluti ma vanno considerati intervalli che prendano in considerazione aspetti già citati in precedenza: età, allenamenti, obiettivi, composizione corporea. Ad ogni pasto per assimilare al meglio le proteine ingerite bisognerebbe mantenersi tra i 0,4 e i 0,6g/kg di peso corporeo. Un giovane di 60kg che pratica resistenza contro peso 3/4 volte a settimana per 40 minuti quindi dovrebbe mangiare circa 25/30g di proteine per pasto, meglio se proteine derivanti da cibo e non da integratori. Pasti completi infatti rallentano l’assimilazione, permettendo al corpo di non trovarsi in una condizione di eccesso che lo porterebbe ad aumentare lo smaltimento in sfavore di un investimento degli aminoacidi ingeriti.

Qual è la quantità giornaliera ideale?

Una volta definito il quantitativo di proteine ideale per pasto, bisogna determinare quale sia il limite giornaliero e la dose consigliata. Per aumentare la massa magra è necessario trovarsi in una condizione di dieta ipercalorica, altrimenti l’organismo tenderà a smontare tessuti per ricavare energia piuttosto che investire quest’ultima per costruirne di nuovi. Inoltre per indirizzare l’energia verso la costruzione di massa magra è necessario che su base settimanale vi siano degli allenamenti che mettano sotto sforzo i muscoli, meglio se concordati con un esperto.

In queste condizioni il quantitativo di proteine ideale da consumare di giorno in giorno si assesta attorno al 1,6g/kg di peso corporeo. Questo può essere indicato come il punto di partenza: con l’avanzare dell’età, allenamenti più intensi e ulteriori aspetti che comportino un maggiore deterioramento delle fibre muscolare ci si può spingere fino ai 2/2,2g/kg di peso corporeo. Oltre questi quantitativi la ricerca ci dice che l’assimilazione cesserebbe e i residui sintetizzati dallo smaltimento degli aminoacidi metterebbero sotto stress l’organismo.

La gestione di sonno e assunzione di caffeina è fondamentale per degli allenamenti di qualità, non trascurare questi aspetti del tuo stile di vita.

Bibliografia

lipedema nutrizione

Lipedema e alimentazione: esiste una relazione?

Il lipedema è un disturbo che colpisce quasi esclusivamente le donne e riguarda il tessuto adiposo sottocutaneo. Esso prende di mira soprattutto la parte bassa del corpo, in particolar modo le gambe e i fianchi. Questo disturbo cronico è motivo di disagio per molte persone che spesso ricorrono anche a soluzioni chirurgiche per risolvere o arginare il problema.

Nel lipedema sembra esserci una forte componente infiammatoria che può essere aggravata attraverso un’alimentazione disordinata, poco attenta o improvvisata. Per questo motivo spesso medici e nutrizionisti scelgono approcci anti-infiammatori che possano in qualche modo limitare questa fastidiosa componente del disturbo.

dieta chetogenica e lipedema

Lipedema, protocollo RAD e dieta chetogenica

Partiamo subito con il mettere in chiaro le cose: l’alimentazione non è una soluzione al problema, quanto piuttosto un modo per alleviare i sintomi. In letteratura non sono ancora presenti articoli determinanti che abbiano stabilito un protocollo nutrizionale predefinito per il lipedema.

Uno degli approcci raccomandati è il protocollo RAD (rare disease disorders), che raccomanda di evitare glutine, latte, soia e alimenti ricchi di fito-estrogeni. Viene consigliata anche l’assunzione di Omega 3 EPA/DHA. Bisogna tuttavia sottolineare come questo protocollo non abbia basi scientifiche solide che lo rendano clinicamente valido.

La dieta chetogenica, a sua volta, si è dimostrata efficace nel contenere i sintomi da lipedema. Questa categoria di diete prevede un’assunzione estremamente limitata di carboidrati (meno di 30g al giorno o meno del 10% delle calorie totali) ed un rapporto grassi : proteine spesso a favore dei primi, ma variabile sulla base della persona.

L’integrazione anche in questo caso può svolgere un ruolo chiave. Innanzitutto nell’economia di un piano nutrizionale chetogenico ci sono spesso integratori di base che vengono dati per sopperire alla quasi mancanza di carboidrati. Non avendo la possibilità di consumare frutta durante la giornata, chi segue questa tipologia di dieta spesso ricorre a integratori multivitaminici, sali minerali ed, a volte, fibre alimentari. Oltre a questi vi sono integratori che si sono rivelati utili per il trattamento del lipedema. Oltre ai già citati Omega 3 (EPA/DHA), la vitamina C è un micronutriente molto utile quando si ha a che fare con condizioni infiammatorie. All’interno di una dieta chetogenica spesso l’acido ascorbico (la molecola identificata come Vitamina C) è limitato, pertanto integrarlo è un’ottima idea.

Altri integratori utili quando si parla di lipedema sono l’N-acetil-cisteina e la diosmina che hanno un ruolo nel limitare il circolo dei radicali liberi ed hanno quindi un ruolo anti-ossidante.

omega 3 e lipedema

Conclusioni

Il lipedema è un disturbo con una forte componente infiammatoria. Alla luce di questo è fondamentale seguire un piano nutrizionale strutturato che in qualche modo limiti questo aspetto e, anzi, vada a contrastarlo. Bisogna ribadire come l’alimentazione sana e corretta non sia una cura del problema, quanto piuttosto un modo per aiutare a contrastarlo o per alleviarne i sintomi. In tal senso la dieta chetogenica sembra essere l’approccio più funzionale.

Bibliografia:

Cannataro, Roberto & Cione, Erika. (2020). Lipedema and Nutrition: What’s the Link?. 4. 86-89.

sali minerali e vitamine

Vitamine e sali minerali per combattere la stanchezza estiva

Il caldo in Italia ha raggiunto livelli problematici e sta causando disagi sia ambientali che metabolici. Con temperature così alte molte persone soffrono di stanchezza e spossatezza, soprattutto nelle prime ore della giornata. Vitamine e sali minerali possono aiutare in tal senso, andando a compensare gli sforzi che l’organismo mette in atto per far fronte al caldo torrido.

Vitamine e sali minerali: a cosa servono

L’organismo di qualsiasi essere vivente porta a termine le proprie attività grazie ad una costante produzione, e di conseguenza consumo, di energia. L’energia viene impacchettata ed investita sotto forma di ATP, la valuta biologica dell’energia. Nell’uomo l’ATP viene sintetizzata principalmente a partire dal glucosio, attraverso 3 pathway metabolici: glicolisi, ciclo di Krebs e fosforilazione ossidativa. Proteine e grassi possono a loro volta entrare all’interno di questi pathway per vie trasverse, contribuendo anch’essi alla produzione di energia. Queste vie sono complesse e si incastrano in una rete metabolica (metaboloma) estremamente fitta ed intricata. Al fine di permettere all’intero sistema di funzionare al meglio sono necessari diversi elementi e tra questi sali minerali, vitamine e tutti gli altri micronutrienti trovano ruolo e funzione che li rendono così importanti.

sali minerali e vitamine estate

Seppur dunque vitamine, ferro, magnesio, sodio e tutti gli altri micronutrienti non forniscano energia in maniera diretta, essi hanno un ruolo centrale nel ricavarla dai macronutrienti che compongono la dieta di qualsiasi essere umano. Una dieta varia e che comprenda quanti più alimenti possibili è fondamentale per non trovarsi in una condizione di deficienza rispetto ad uno o più di questi componenti fondamentali del nostro metabolismo. Una condizione di carenza mette inevitabilmente sotto stress le cellule che devono entrare in uno stato di “risparmio” e riciclo per riuscire a far fronte alla domanda energetica in cui si trovano costantemente.

Combattere la stanchezza estiva

Il caldo e l’umidità, con conseguente aumento della sudorazione, porta l’organismo in uno stato di carenza di sali minerali. Questa condizione è la principale causa della spossatezza estiva che può colpire chiunque, anche giovani e sportivi. Una dieta equilibrata e varia è il primo passo per limitare questa condizione, tuttavia in certi momenti della giornata ed in certe fasi della stagione essa può non bastare. Affidarsi a degli integratori di magnesio e potassio è sicuramente la soluzione più semplice, cercando di capire quale dosaggio sia più adatto alle proprie necessità. La consulenza di un medico o un nutrizionista può essere d’aiuto in tal senso.

Al pari dei sali minerali anche le vitamine sono necessarie per un corretto funzionamento cellulare. Al pari dei sali minerali, una dieta varia è spesso sufficiente per assumere tutte quelle necessarie, tuttavia in alcuni casi può non bastare o può non essere possibile assumere certe categorie di alimenti. In tal caso possono essere d’aiuto gli integratori multivitaminici. Anche in questo caso il dosaggio andrebbe concordato con medico o nutrizionista, tenendo presente che nella maggior parte dei casi la dose consigliata di “una pastiglia al giorno” è eccessiva rispetto alla dieta seguita.

stanchezza estiva sali minerali e vitamine

Conclusioni

L’Estate è una stagione molto spesso legata alle vacanze ed al tempo passato in famiglia, attività che possono risultare pesanti se fatte in condizioni di debolezza e stanchezza. Anche il sonno può essere problematico per via delle alte temperatura e la caffeina è per molti la soluzione per far fronte alla giornata. Eccessi di questa molecola possono tuttavia contribuire ad uno scompenso dei micronutrienti che porta ad ottenere l’effetto opposto rispetto a quelli desiderati.

Quando ci si alza dal letto puntare subito al caffè o al tè può non essere la soluzione per una giornata energica, progettare e capire come integrare la giusta quantità di sali minerali e vitamine durante la giornata può essere invece la chiave di volta per risolvere la spossatezza estiva.

Bibliografia:

Huskisson et al, The Role of Vitamins and Minerals in Energy Metabolism and Well-Being, The Journal of International Medical Research, 2007; 35: 277 – 289