vino e salute

Un bicchiere di vino al giorno toglie il medico di torno: è davvero così?

Nelle ultime settimane ha fatto scalpore la notizia che l’Unione Europea abbia dato il via libera all’Irlanda di apporre sulle bottiglie di vino, birra e liquori avvertenze in merito agli effetti negativi che queste bevande hanno sulla salute del consumatore.

Senza entrare nel dibattito politico, penso sia utile fare il punto sulla questione, in merito a presunti effetti positivi dell’alcol.
Vino, birra e spiriti sono parte integrante della nostra tradizione culinaria, ma spesso ne facciamo un consumo poco consapevole. Tuttavia, oltre agli aspetti edonistici e culturali, dobbiamo considerare anche quelli salutistici.

Vino, alcol e salute

È ormai conclamato come in realtà l’assunzione di bevande alcoliche non comporti alcun beneficio per la salute. Si è parlato di possibili effetti protettivi che l’alcol avrebbe nei confronti di alcune malattie, come ad esempio quelle cardiovascolari, tanto da
sostenere che “un bicchiere di vino rosso al giorno faccia bene al cuore”. L’equivoco nasce dal cosiddetto “paradosso francese”.

Negli anni 80 alcuni studiosi avevano notato come tra la popolazione francese ci fosse una minore mortalità per malattie cardiovascolari, nonostante si facesse ampio consumo di formaggi e quindi di grassi saturi e il consumo di vino, soprattutto vino
rosso, fosse molto frequente tra la popolazione. Si è così ipotizzato che il vino rosso fosse il responsabile di questo effetto protettivo e che una moderata assunzione di esso limitasse il sopraggiungere di malattie cardiovascolari.

Studi successivi si sono quindi focalizzati nello studio di quali molecole del vino potessero avere questa azione, tra queste troviamo acidi fenolici, stilbeni, flavonoidi, sostanze antiossidanti e antiinfiammatorie che in realtà sono presenti in quantità significativamente maggiori in frutta e verdura rispetto al vino. Alcuni studi hanno evidenziato come il consumo di piccole quantità di alcol abbia un effetto protettivo nei confronti di alcune patologie cardiovascolari rispetto non solo a chi eccede con l’alcol ma anche a chi è astemio.

vino

L’alcol non toglie il medico di torno


Approfondimenti successivi hanno messo in luce come in realtà chi non consumava alcol aveva un rischio maggiore poiché era sovrappeso o obeso, aveva la pressione alta e non faceva attività fisica. Alcuni studi hanno evidenziato come il consumo di alcol in piccole quantità sia associato ad un minore rischio di cardiopatia ischemica, diabete di tipo 2, ma non per altre patologie come
ipertensione, ictus emorragico, dove a fronte di qualsiasi livello di assunzione di alcool è associato un aumentato del rischio.

In seguito ad altri studi, gli studiosi hanno potuto affermare che in realtà anche un consumo ridotto di alcol di 1 unità alcolica, che sarebbe pari ad 125 ml di vino o 330 ml di birra, non riduce il rischio il rischio di alcun tipo di malattia cardiovascolare
e non ha nessun effetto protettivo sulla salute.

Alcol e cancro


I danni causati dall’alcol non sono solo a carico del sistema cardiovascolare, ma anche del fegato e tutto il sistema digerente, causando infatti esso gastriti, ulcere, cirrosi epatica e anche il cancro. Uno dei principali problemi per cui si consiglia limitare il più possibile il consumo di bevande alcoliche sta proprio nel fatto che l’alcol è stato classificato dalla IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro) come sostanza tossica e cancerogena, in particolare si classifica nel gruppo 1 delle sostanze “certamente cancerogene per l’uomo”.

Ciò non vuol dire che bere un bicchiere di vino faccia venire automaticamente il cancro, ma berne in grande quantità con una certa frequenza aumenta di molto il rischio che ciò possa accadere. In virtù di tutte queste ripercussioni sulla salute, le Linee Guida nazionali per una Sana Alimentazione pongono le bevande alcoliche tra gli “alimenti voluttuari” per i quali quindi non c’è nessuna raccomandazione di assunzione settimanale, se non quella di non consumarli per niente se si è astemi oppure limitarsi ad un consumo occasionale in moderate quantità.

Per l’alcol infatti non esistono modalità e quantità di assunzione esenti da rischio, esiste semmai una quantità che vien definita “a basso rischio” che si associa a 2 unità alcoliche al giorno per l’uomo adulto e 1 unità al giorno per la donna.

I benefici della convivialità


Per rispondere quindi alla domanda iniziale, la risposta è no, il consumo di vino non allunga la vita. Questo però non deve privarci del tutto del piacere di un buon bicchiere di vino in compagnia di amici. L’alimentazione è un sistema complesso che non esclude gli aspetti legati alla cultura e alla tradizione gastronomica che abbiamo il diritto di preservare ma non di utilizzare come alibi per poter giustificare un consumo smodato.

Gli antichi romani, grandi cultori e consumatori di vino consigliavano nella massima est modus in rebus, un equilibrio, al fine di poter condurre una vita non di privazioni, quanto piuttosto di piccoli e buoni piaceri.

Ma la caffeina invece è dannosa? Clicca qui per scoprirne di più.

Si può essere sostenibili anche a Natale?

Ormai Natale è alle porte, davanti a noi si prospettano molte cene e pranzi all’insegna dell’abbuffata. Natale, Santo Stefano, San Silvestro, l’Epifania sono tutte occasioni conviviali di festa in cui le tavole si riempiono di cibo. Esistono alcune linee guida da seguire per passare un Natale sostenibile?

Un Natale Sostenibile


Prima di tutto, una pratica importante che dovrebbe essere adottata tutto l’anno è non buttare gli avanzi. Quasi sempre dai cenoni avanza del cibo, in questo caso per evitare di doverlo buttare è importante conservare bene le pietanze in frigo, oppure in congelatore, eventualmente preparare delle doggy bag per i nostri ospiti (cosa che si può chiedere anche al ristorante), oppure una cosa simpatica potrebbe essere organizzare nei giorni tra Natale e San Silvestro una cena degli avanzi tra amici in cui ognuno porta qualche avanzo! Queste pratiche possono sembrare poco utili per il nostro pianeta,ma non è così: ricordiamoci che ogni anno un terzo della produzione mondiale di cibo viene buttata, ovvero 1,3 miliardi di tonnellate di cibo commestibile a fronte di circa 800 milioni di persone denutrite.

La Direzione Generale dell’Ambiente della Commissione Europea ha affermato come il 43% degli sprechi e perdite alimentari avvengano a livello casalingo. Una seconda azione è quella di ridurre il consumo di carne rossa. So che l’eliminazione della carne dalla tavola natalizia sarebbe una richiesta quasi impossibile da soddisfare, per questo motivo il consiglio è quello di prediligere l’acquisto e il consumo di carne bianca (faraona, tacchino, coniglio) o di maiale dal momento che tra le tipologie di carne sono quelle con un minore impatto ambientale. Vista la numerosità dei pasti tra Natale e l’Epifania una scelta sostenibile sarebbe limitare a pochissime occasioni il consumo di carne rossa (bovini e ovini).

Non dimenticare il pesce


In alternativa ricordiamoci che c’è sempre il pesce! Anche in questo caso cerchiamo di evitare il consumo di specie iper-pescate e quindi a rischio come tonno, pesce spada, salmone. Indirizziamo i nostri acquisti verso pesce locale, preferibilmente azzurro. Un’ottima scelta sono i molluschi.

Una pietanza che non può mancare in periodo natalizio sono le lenticchie! Buone in tutte le salse, sia come contorno ma anche come secondo piatto. Oltre a rappresentare una buona fonte di proteine, carboidrati complessi, fibre e ferro hanno inoltre un basso impatto ambientale. Ecco quindi che se si volesse provare a sostituire la carne, si potrebbero cercare molte ricette che mettono al centro le lenticchie o altri legumi.

Dolce di Natale sostenibile

Dulcis in fundo….il panettone! Come non terminare il pranzo di Natale con un buon panettone artigianale (sì, sono team panettone). Cerchiamo infatti di comprare panettoni o altri dolci di produzione artigianale e non industriale, certamente il costo potrebbe essere più alto ma almeno siamo sicuri di avere un prodotto di qualità con ingredienti magari anche locali. Ecco, quindi, cinque informazioni su come riconoscere un buon panettone, sull’etichetta dovremo trovare:

  1. Una breve lista di ingredienti ed eventuale la loro provenienza: minimo 16% di burro, almeno 4% di
    tuorlo d’uovo o uova fresche, minimo 20% di uvetta e deve contenere canditi, farina di frumento e
    zucchero
  2. Ci deve essere scritto “panettone” e NON “dolce natalizio”
  3. Dicitura “fermentazione naturale”
  4. Il peso sempre compreso tra i 750g e 1,5kg cosicché il panettone non perda la sua morbidezza
  5. La data di scadenza dovrebbe essere breve, massimo 30 giorni, perché questo garantisce che il prodotto sia privo di conservanti, cosa che invece non accade con i panettoni industriali che proprio per questo possono permettersi di essere prodotti e confezionati anche in estate.

Detto ciò, non resta che augurare a tutti di passare un felice Natale, consapevoli anche delle piccole azioni che noi tutti possiamo compiere per rispettare l’ambiente.

Se pensi che tutte queste abbuffate mettano a rischio la tua forma fisica leggi questo articolo.

Bibliografia:
Barilla Centre for Food & Nutrition. (2016). Eating Planet, cibo e sostenibilità: costruire il nostro futuro. Edizioni Ambiente, Milano.
CREA, 2018. Linee guida per una sana alimentazione.
https://www.crea.gov.it/documents/59764/0/LINEE-GUIDA+DEFINITIVO.pdf/28670db4-154c-0ecc-
d187-1ee9db3b1c65?t=1576850671654

frutta e verdura di stagione

Frutta e verdura di stagione sono più sostenibili?


Le Linee Guida per la Sana Alimentazione raccomandano di mangiare almeno 5 porzioni al giorno di frutta e verdura, preferibilmente di stagione. Cosa vuol dire di stagione? Che differenza c‘è tra un prodotto di stagione e non? Seguire la stagionalità crea meno danno all’ambiente?

Frutta e verdura di stagione: facciamo chiarezza


Quando si va al supermercato è diventata prassi trovare una gran varietà di frutta e verdura in ogni periodo dell’anno; fragole, pesche, kiwi, uva, mele sono alcuni esempi di frutta che volendo possiamo acquistare sia d’estate che d’inverno. Spesso, però, ci dimentichiamo che i prodotti vegetali seguono una loro stagionalità e che quindi non dovrebbe essere normale, ad esempio, trovare le albicocche sui banchi a dicembre.

Nonostante gli ormai evidenti cambiamenti climatici, il clima scandisce per frutta e verdura la loro naturale crescita, maturazione e raccolta, permettendo quindi di creare un preciso calendario per ogni tipologia di frutto o pianta. Questo, oltre che rispettare la ciclicità della natura, garantisce anche di ottenere prodotti più gustosi. È bene ricordare, inoltre, che i prodotti freschi stagionali apportano dei vantaggi non solo a noi consumatori, ma anche all’ambiente.

Stagionalità globale e locale

Andiamo per gradi: è importante fare una distinzione tra stagionalità locale e stagionalità globale. La prima si riferisce ad un prodotto la cui zona di produzione e consumo coincidono, ad esempio in Italia i mandarini vengono raccolti in autunno, un mandarino che quindi è stato raccolto a novembre e consumato nelle settimane successive si definisce di stagione locale.

Per stagionalità globale, invece, si fa riferimento ad un prodotto che è stato coltivato in un paese secondo la sua stagionalità ma che non viene poi necessariamente consumato nello stesso luogo dove è stato raccolto, ad esempio i kiwi che troviamo al supermercato in autunno/inverno, sono stati coltivati e raccolti in Nuova Zelanda in coincidenza al loro giusto periodo di coltivazione. Sono stati quindi trasportati in Italia dove appunto non è ancora la loro stagione. Secondo questi due tipi di stagionalità, la scelta più sostenibile risulta essere il prodotto stagionale locale, visto che non deve mettere in conto gli effetti negativi derivanti dal trasporto.

L’impatto ambientale

Secondo gli esperti una scelta più rispettosa dell’ambiente può essere comprare un prodotto locale e stagionale che però non sia stato coltivato in serra. Riguardo l’impatto ambientale è importante fare una distinzione tra i prodotti vegetali in base alle diverse tecniche di produzione. Se paragoniamo le emissioni di gas serra di un prodotto trasportato via aria ma coltivato secondo stagione con quelle di un prodotto coltivato in serra, è il secondo a registrare un’impronta carbonica più alta.

La coltivazione in serra ha sicuramente dei vantaggi, in quanto utilizza meno terreno e pesticidi e riduce lo spreco grazie anche ad alti rendimenti. L’altra faccia della medaglia è che essa esige elevate richieste energetiche per l’illuminazione artificiale, riscaldamento e refrigerazione. Si stima che gli impatti derivanti dalla coltivazione in serra possono arrivare ad essere il doppio di quelli prodotti dal trasporto.

Ad esempio: le mele coltivate ad ottobre spesso le ritroviamo nell’agosto successivo perché sono state refrigerate per ritardarne la maturazione. Forse vi stupirà scoprire che questa pratica inquina di più rispetto a raccogliere localmente e stagionalmente le mele in Nuova Zelanda per poi commercializzarle e mangiarle in Europa.

I vantaggi per i consumatori: acquistare o no frutta e verdura di stagione?


Ma veniamo ai vantaggi per noi consumatori, perché è più conveniente acquistare e consumare prodotti di stagione? Sono sostanzialmente due i motivi. Il primo: ci guadagna “il nostro portafoglio”. I prodotti di stagione proprio perché di stagione hanno ottime rese e soprattutto non richiedono gli stessi costi di una coltivazione in serra, sono quindi più economici!

La seconda motivazione, ma non meno importante, è che i prodotti di stagione sono anche più nutrienti, molti studi infatti testimoniamo come durante la conservazione alcuni livelli di micronutrienti si abbassano, il valore nutrizionale della frutta e della verdura infatti è più alto immediatamente dopo la raccolta e diminuisce via via nel tempo durante refrigerazione, trasporto e immagazzinamento (si parla comunque di perdite minime se confrontate con i benefici complessivi derivanti dal consumo di frutta e verdura).


Ricapitolando, questi sono i 4 consigli per acquistare frutta e verdura riducendo le emissioni di gas serra:

  1. Riduci l’acquisto di cibi altamente deperibili fuori stagione e trasportati per via aerea come ciliegie, frutti tropicali, asparagi. Cerca sempre di acquistare prodotti italiani (o Europei) ma di stagione.
  2. Impara a riconoscere frutta e verdura di stagione. Seguendo questo link puoi trovare una mappa interattiva che ti permette di conoscere la stagionalità di frutta e verdura in base al Paese di coltivazione, stagione e mese.
  3. Riduci l’acquisto di prodotti mediterranei fuori stagione coltivati in serre. Ad esempio, se a dicembre trovi delle fragole provenienti dalla Puglia quasi sicuramente derivano da una produzione in serra.
  4. Riduci i prodotti già pronti come insalate in busta o frutta già affettata in vaschette.

Bibliografia:
CREA, 2018. Linee guida per una sana alimentazione. https://www.crea.gov.it/documents/59764/0/LINEEGUIDA+DEFINITIVO.pdf/28670db4-154c-0ecc-d187-1ee9db3b1c65?t=1576850671654
EUFIC, 2020. La frutta e la verdura di stagione sono migliori per l’ambiente? https://www.eufic.org/it/vita-sana/articolo/la-frutta-e-la-verdura-di-stagione-sono-migliori-per-lambiente#ref5
Theurl, M. C., Haberl, H., Erb, K. H., & Lindenthal, T. (2014). Contrasted greenhouse gas emissions from local versus long-range tomato production. Agronomy for Sustainable Development, 34(3), 593-602.